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MONSOON WEDDING -MATRIMONIO INDIANO
(MONSOON WEDDING)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 16 gennaio 2002
 
di Mira Nair, con Naseeruddin Shah, Lilete Dubey, Shefali Shetty (India - Canada, 2001)
 
Sulle ragioni delle sbandate delle giurie ai festival anche maggiori che sembrano accavallarsi negli ultimi tempi (De Oliveira e Piccoli ignorati a Cannes per il film più umano, RITORNO A CASA; David Lynch per quello dalla scrittura più straordinaria, MULHOLLAND DRIVE; il filmetto premiato a Locarno; ed a Venezia questo, del quale ci occupiamo) si à detto. Giurie divistiche, da dare in pasto alle esigenze dei media più frettolosi; culturalmente disparate, in nome di una fraintesa globalizzazione consensuale; non sufficientemente poggiate su uno zoccolo competente ed informato di cosa significhi cinema nella giostra del consumo di immagini che ci accompagna.

A farne le spese è un prodotto di esportazione ad uso e consumo della giostra in questione: di per sé stesso pur simpatico e volonteroso come MONSOON WEDDING.

I "film di matrimonio" sono fatti apposta per coniugare temi come quelli delle diversità, costrette pur sempre ad incontrarsi ad un certo punto della vita: diversità di cultura o religione, tradizione o modernità, condizione sociale o economica, rigore o disinvoltura morale. Quello di Mira Nair, una regista che a partire da SALAAM BOMBAY ha sempre voluto fondere l'autenticità dello sguardo documentaristico allo spettacolo di quello di finzione, affonda in due patrie: la propria, indiana, e quella del maggior cinema di divulgazione, l'americano. Ed ecco, allora, nel vento di follia portato dal monsone che si avvicina questa commedia, a tratti anche musicata nella (minore) tradizione "bollywoodiana": la festa del matrimonio combinato con un reduce dagli Stati Uniti, di una giovane coinvolta in una storia con un balordo, oltre tutto maritato. Il tutto sotto l'egida di un padre in difficoltà costretto a dar corda al facoltoso zio d'America; e di una faccenda addirittura di pedofilia incestuosa che stravolge l'occasione ridanciana, un po' come capitava agli antipodi danesi del FESTEN di Vinterberg.

Sono sbalzi d'umore ed affreschi corali, quelli di queste cerimonie da trasformare in meditazioni etnico-filosofiche, che richiedono la mano virtuosistica ed il dosaggio millimetrico dell' Altman di UN MATRIMONIO. Nella suo savoir - faire professionale, Mira Nair non possiede né l'uno né l'altro: tra i sari della tradizione ed i telefonini del nuovo mondo il film si illustra volonterosamente, sulle ali di un esotismo decorativo che farà la gioia del primetime televisivo.


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